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Garessio: estati, libri e tanto, tantissimo cibo

Per i primi 18 anni della mia vita, ‘estate’ significava solo una cosa: Garessio.

Appena finiva la scuola riempivamo la macchina con tutto ciò che possedevamo (più o meno) e via, verso la casa del nonno! passavamo mesi fantastici, a giocare con i ragazzi del posto, fare passeggiate con il CAI, mangiare polenta e leggere tutti i libri per ragazzi della biblioteca (o almeno, io leggevo moltissimo; mamma invece curava il giardino, mio fratello giocava a calcio e mio padre dormiva). E mangiare risole, come dimenticarsene!!

Il giardino di casa, pieno di rose e fiori splendidi, è stato teatro di molti pomeriggi passati a bagnarci con la pompa, a giocare a calcio e combattere con gli amici, così come di notti sul dondolo e addirittura in una tenda da campeggio, per provare l’ebbrezza di dormire in sacco a pelo (a due passi da casa, ma quando sei bambino questi sono dettagli che non contano).

Ricordo invece come mamma passasse giorni interi a potare piante e fiori, piantare alberelli nuovi, tagliare l’erba o curare un piccolo orto che provammo a tenere, con poco successo ad essere sinceri, per un paio di anni, ricordo il nostro coniglio Cesare che correva da una parte all’altra, saltando e nascondendosi sotto le piante di lamponi e ancora pranzi sotto il glicine, la sabbiera che ci costruimmo e le cadute dalle biciclette direttamente alle rose.

Garessio è anche il posto in cui mi sono innamorata dei gialli: passavo pomeriggi interi nella freschezza delle scale interne a leggere le mille avventure di Nancy Drew & co., di Fratello Cadfael, Poirot, Ellery Queen e Perry Mason, nascosta da mio fratello che faceva il sonnellino nella camera accanto, con la sola compagnia di qualche insetto (maledette bestiacce) e tante avventure.

Data la velocità con cui divoravo qualunque cosa scritta mi capitasse sottomano, le mie visite alla biblioteca, che sorge dalla parte opposta del paese rispetto a casa nostra, avevano una frequenza almeno settimanale, se non bisettimanale; ormai le signore che lavoravano laggiù mi conoscevano alla perfezione, sapevano i miei gusti e resistevano ogni volta ai miei futili tentativi di convincerle a lasciarmi tenere i libri più rovinati o quelli meno letti. A quanto pare le biblioteche sono obbligate a buttare via i libri a cui non sono più interessate. Quando sarò Presidentessa/Imperatrice sarà la prima cosa che cambierò, alla faccia di tutti.

Uno dei posti che preferisco in assoluto sono i ruderi di una fortezza saracena, sulla collina che domina la parte più vecchia della città. Raggiungibili dai due lati del monte, i ruderi presentano delle mura e torri che si affacciano direttamente sulla cittadina. Oltre ad avere una vista spettacolare, all’interno di quella che era la zona della fortezza si trova uno spiazzo con un paio di panche di marmo e una serie di pietre che formano lo spazio per un piccolo falò, perfette per rilassarsi, mangiare qualcosa e leggere con tutta la calma e la tranquillità del mondo.

Ogni volta che volevano impressionare qualche amico ‘della città’ che si fermava ospite da noi, ecco che si partiva subito in direzione ruderi, per rincorrerci tra gli enormi massi presenti e creare storie di guerrieri e principesse, draghi e maghi che controllavano la città grazie ai loro poteri. Era, ed è tuttora, il posto ideale per picnic e pomeriggi di relax, persi nel nulla, con la compagnia di un buon libro o di un gruppetto di amici.

Occhio solo alle zanzare, quelle maledette purtroppo non le ferma niente e nessuno.

Altro particolare di estrema importanza è il cibo: a Garessio il cibo era una costante ancora più importante che a Torino durante il resto dell’anno.

Davanti a casa, per fare un esempio, c’è una gelateria che era quasi tappa giornaliera e obbligatoria per mio fratello e me. Ogni volta che riuscivamo a scucire qualche soldo a genitori o nonni, quando passavano a trovarci, veniva speso quasi immediatamente in gelato, Goleador o Brooklyn, con gran gioia della nostra dentista.

Poi c’erano le varie sagre di paese, da Valsorda a Mindino, spesso e volentieri a base di polenta saracena e salsiccia con una spettacolare salsa ai porri, per non parlare del Regolo e la Selva Oscura, due ristoranti fantastici, oggi purtroppo chiusi (anche se non tutto è perduto: la famiglia che gestiva il Regolo adesso è a Genova, a fare i migliori hamburger del mondo sotto il nome de Il Masetto), le varie pizzerie in giro per la città e infine i meloni e i ramasin presi freschi al mercato del venerdì, dolci e succosi come pochi.

Ovviamente, non si può parlare di Garessio senza parlare di Cagna: si tratta di una pasticceria con prodotti tipici come i garessini, le risole (le mie preferite in assoluto!!), brutti ma buoni, biscotti al burro (detti anche del ragioniere, biscotti della scatola o ‘quelli rettangolari’, a seconda del cliente), torte alla nocciola da leccarsi i baffi e moltissime altre specialità piemontesi, una più buona dell’altra – ma nessuna migliore delle risole, quelle sono il top del top.

Per quanto negli ultimi anni non ci sia stato possibile passare le estati a Garessio, ogni tanto mi piace farci un salto veloce, anche solo in giornata, per scattare qualche foto, prendere dei fiore e magari girovagare un po’ in giro, senza una meta precisa.

E’ come rivivere tutta la mia infanzia in una volta sola e in poche ore; se non fosse per qualche cambiamento nella disposizione dei negozi, nel numero purtroppo sempre minore di abitanti e nelle facciate un po’ più rovinate delle case, potrei dire di non averla mai lasciata, la mia amata Garessio.

2 pensieri riguardo “Garessio: estati, libri e tanto, tantissimo cibo

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