Ci sono certi libri che irradiano un fascino irresistibile prima ancora di iniziare a leggerli. Per me, uno di questi è stato Il Priorato dell’Albero delle Arance: mi è bastata un’occhiata alla meravigliosa e super artistica copertina per innamorarmene subito. E poi l’ho aperto per la prima volta, ho visto le mappe e i disegni della sovraccoperta, le pagine con i bordi arancioni, ho letto la trama e sapevo che ne sarei rimasta ancora più colpita di quanto pensassi all’inizio. Infine l’ho iniziato, e ho scoperto così uno dei libri più belli che abbia mai letto in tutta la mia vita, un capolavoro fantasy femminista con una fantastica rappresentazione LGBTQ+, una trama spettacolare e personaggi assolutamente umani e (im)perfetti. E draghi, tanti, tantissimi draghi.

Trama
Ad Ovest del mondo la giovane regina Sabran Nona deve sposarsi ed avere una figlia in fretta per assicurare la salvezza del suo regno: solo le donne della sua dinastia infatti hanno il potere di difendere il popolo da una forza malefica misteriosa che secoli prima aveva quasi distrutto il mondo. Ma la regina è in costante pericolo e solo una donna ha il potere di proteggerla: Ead Duryan. Sebbene tutti siano convinti che Ead sia solo una semplice dama di compagnia, la donna fa parte di una società segreta che sa ancora usare la magia, vietata in tutto l’Occidente e che lei deve usare per difendere Sabran da attacchi di tutti i tipi.
Ad Est, dall’altra parte dell’Abisso, la giovane Tané si allena duramente per diventare cavaliere di Draghi, un ruolo essenziale per la società e di enorme prestigio, ma presto la ragazza dovrà affrontare le conseguenze di una decisione che torna dal passato per mettere in pericolo il suo futuro.
E mentre il mondo resta diviso tra Est e Ovest per colpa di dispute religiose, un male misterioso e orribile si sta risvegliando lentamente, preparandosi per distruggere il pianeta e spazzare via tutte le civiltà nel tentativo di piegare l’umanità al suo volere.
Commenti
Se vi piace il fantasy, questo è un romanzo che non potete perdervi. Vero, è bello lungo, sono più di 900 pagine, ma la verità è che non si sentono: basta aprire il libro per venire catturati dallo stile semplice e intrigante della Shannon e una volta arrivati alla fine il primo pensiero sarà chiedersi perché la storia non è lunga il doppio.
La trama è basata sulla leggenda di San Giorgio e il drago, ma rivisitata con enorme maestria e un tocco femminista che rende il tutto assolutamente imperdibile. Seguiamo quattro personaggi in quattro punti diversi del mondo, con storylines che si incrociano per poi sfociare in un finale unico, il che significa che vediamo in contemporanea quattro aspetti diversi di quello che sta succedendo ad Est e Ovest dell’Abisso. Le scene d’azione, i misteri e i complotti si intrecciano con la magia, i draghi e le lotte tra forze del bene e quelle del male in continuazione con un risultato epico.
I quattro protagonisti/narratori sono Ead, Tané, Niclas e Loth. La prima fa parte del Priorato dell’Albero delle Arance ed è incaricata di proteggere Sabran sia con la magia sia usando le sue armi facendo però attenzione a mantenere il segreto sulla sua missione e la sua vera identità. Con il tempo la vediamo avvicinarsi sempre di più alla Regina rischiando di mettere in pericolo tanto la sovrana quanto se stessa. Tané sogna di cavalcare draghi da tutta la vita, ma un errore commesso la notte prima dell’inizio del suo allenamento rischia di rovinare tutto e dovrà lottare con tutta se stessa per rimediare a tale sbaglio. Niclas invece è un vecchio scienziato in esilio che combatte contro i suoi demoni e il continuo ricordo dell’uomo che anni prima aveva amato in segreto e che cerca in tutti i modi di trovare qualcosa che gli permetta di riscattarsi agli occhi della Regina Sabran e di ottenere così il permesso di tornare a casa. Loth è il migliore amico di Sabran e Ead, sebbene il popolo creda che tra lui e la sovrana ci sia qualcosa di più di una semplice amicizia. A causa di questo rapporto, Loth viene allontanato dalla sua terra ed è costretto a lottare per sopravvivere in un regno che ha già ceduto alle grinfie del Senza Nome, il temibile nemico che vuole distruggere il mondo intero.
Sono tutti e quattro personaggi unici, molto ben costruiti, perfetti proprio nel loro essere donne e uomini che sbagliano, che commettono errori, che fanno domande e cambiano idea ma che ogni volta si rialzano e continuano a lottare, nonostante tutto, sia per sopravvivere o per provare a salvare il mondo intero.
Le donne sono le vere protagoniste della storia, non solo Ead e Tané, ma anche la Regina Sabran Nona, Marosa Vetalda, la giovane reggente del regno di Yscalin caduto sotto il controllo del Senza Nome, le altre donne del Priorato, la temibile strega/demone/leggenda Kalyba e infine Cleolind Onjenyu, la Madre o la Donzella, colei che secoli prima salvò il mondo e con il tempo divenne una divinità benevola conosciuta o come l’eroina della storia nelle terre del Sud oppure come la ”spalla” vergine e delicata dell’eroe nel Nord. Fin troppo spesso le donne delle storie fantasy sono state relegate a ruoli di streghe malvagie o regine potenti legate però al marito; qui invece le donne hanno il potere in mano, sono loro che comandano e prendono le decisioni. Gli uomini che sono al loro lato sono figure di importanza secondaria, utili solo per certi scopi ben precisi ma che non hanno nessun controllo su queste figure femminili forti, indipendenti e inarrestabili.
L’ultimo particolare che mi ha colpito moltissimo e che ho apprezzato davvero è il modo in cui viene trattata l’omosessualità, ovvero con assoluta normalità. Data l’ambientazione ”medievale” della storia, purtroppo è difficile immaginarsi un mondo in cui le persone possono amare qualcuno del loro stesso genere senza venire giudicati o uccisi per quello. Due dei quattro protagonisti hanno avuto o hanno una relazione seria omosessuale che viene trattata con la stessa normalità con cui vengono descritte tutte le altre ed è una vera boccata d’aria fresca. L’unica cosa che sconvolge i personaggi quando si parla di storie d’amore ” vietate” è la differenza economica o di classe sociale; gay o etero chissenefrega, ma se tu sei ricca e lei è povera, col cazzo che potete stare insieme. E’ uno di quei particolari che mi piacciono tanto: se da una parte c’è qualcosa di positivo, ovvero il modo in cui viene vista la sessualità delle persone, dall’altra la società non è perfetta e lo dimostra vietando altri aspetti della vita, come appunto le unioni tra classi socialmente diverse.
Davvero una recensione molto interessante soprattutto per il tema pride💕
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Grazie mille!!
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