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Pane, cose e cappuccino dal fornaio di Elmwood Springs è un disastro – Rant Review | Bookmas 2020 Day 15

Ieri ho passato il pomeriggio e la sera a leggere Pane, cose e cappuccino di Fannie Flagg. La mia esperienza si può riassumere in sette parole: rivoglio indietro il tempo sprecato a leggerlo. Andiamo con un minimo di ordine però, altrimenti questo articolo sarà impossibile da seguire.

Fannie Flagg ha scritto Pomodori verdi fritti, che è uno dei miei libri preferiti, e Voli acrobatici e pattini a rotelle, che mi è piaciuto molto, ma di sicuro non è all’altezza di Pomodori. A casa ho altri tre/quattro libri suoi, ovvero tutti quelli trovati nel sistema bibliotecario torinese, e ieri ho iniziato e finito Pane cose e cappuccino. E l’ho odiato.

La nostra protagonista è Dena Nordstrom, una donna i cui unici tratti distintivi sono la sua bellezza e il fatto che lavori in televisione. Al di là di ciò, Dena non ha una personalità, è più piatta e noiosa di una serata passata a fissare la vernice asciugarsi su una parete appena dipinta, è peggio di Bella di Twilight nei film, è una tavola di compensato con i capelli biondi e la capacità di parlare, è una noia mortale. Eppure tutti sono convinti che sia una donna fantastica perché è utile alla trama, sebbene lei faccia ben poco per meritarselo. Pensate che il suo psicologo, un tizio che credo si chiami Greg, si innamora di lei nel momento in cui la vede, il che non ha nessun senso, perché, per quanto sia bella, Dena non fa altro che lamentarsi di essere in seduta e comportarsi da stronza. E come se non bastasse, Greg si dichiara (dopo aver smesso di lavorare con lei, almeno in quello fa la cosa giusta), lei lo rifiuta, lui continua a corteggiarla nei peggiori modi possibili, ovvero affittando un teatro per suonarle qualche serenata, poi travestendosi da menestrello e cantando una canzone, poi usando un dirigibile per dichiararsi di nuovo… Il tutto mentre Dena gli dice di non essere interessata e continua a trattarlo come un amico e passare tempo con lui. Ma la cosa peggiore è che tutta sta rottura di palle imbarazzantissima funzione, perché i due finiscono insieme. Se fossi nella situazione di Dena e un mio amico continuasse a corteggiarmi nonostante i miei rifiuti, lo mollerei immediatamente e bloccherei ovunque, altro che sposarlo!!

Altro problema è Sookie, la protagonista di Voli acrobatici, che qui è la migliore amica di Dena. Fin lì tutto bene, ma qui ogni tanto si lascia scappare delle idee discutibili: è convinta che tutti debbano avere armi in casa, è contro l’idea di togliere l’ora obbligatoria di religione a scuola, si comporta spesso come la sua insopportabile madre Lenore, è fissata con la sua sorority del college come una cheerleader sotto acidi, è a un passo dal tatuarsi la bandiera dei Confederati sudisti in faccia… Se in Voli acrobatici mi era piaciuta, qui è a tanto così dall’essere una supporter di Trump.

Gli abitanti di Elmwood Springs che vediamo più spesso sono la coppia formata da Macky e Norma e la zia Elner, che sono carini e tutto fino a quando aprono bocca e iniziano a discutere e allora mi fanno venire un nervosismo assurdo, perché Norma è insopportabile e convinta che Macky la prenda sempre in giro quando lui dice la verità come nelle peggiori commedie degli errori.

La storia di per sé è anche quella una noia, nonché con un messaggio di fondo che ODIO CON TUTTA ME STESSA PORCA PUTTANA. Dena è stressata per il suo lavoro in tivvù, beve e fuma, ha la gastroenterite, non fa nulla di quello che il dottore e la sua psicologa le dicono di fare e rischia di morire per un’ulcera. Tutto questo la obbliga a passare del tempo a riposo quindi va nel paesino di Elmwood, lo odia e scappa, riprende la sua vita, poi scopre che ci sono problemi al lavoro e al tempo stesso qualcuno sta scavando nel suo “misterioso passato”, sta di nuovo male, torna a Elmwood, scopre dove cazzo sia sua madre e si innamora di Elmwood e dello psicologo/stalker, lascia il lavoro e si trasferisce nel bel mezzo del nulla per vivere una vita da casalinga e crea una minuscola radio, sulle orme della prima padrona della casa che ha appena comprato. In pratica, una donna in carriera rovina tutto il suo futuro senza nessun vero motivo e diventa l’ombra di se stessa e tutto quello per cui aveva lottato negli anni precedenti. Se il libro non fosse del 1990 qualcosa, potrebbe essere uscito dritto dritto dagli anni ’50, visto che è praticamente una guida insensata al perché le donne devono stare a casa e imparare a cucinare mentre il coglione che ha rotto loro le ovaie per anni perché non accettava un no come risposta le sposa e lui sì che può lavorare, perché lui è Un Uomo.

Un orrore. E dire che il grande mistero della scomparsa della madre, che in realtà inizia ad avere un certo peso nella storia a solo un centinaio di pagine dalla fine, su oltre 450, poteva risollevare le sorti del libro. Se non volete spoilers fermatevi qui, perché io ho intenzione di parlare in lungo e in largo anche di questo.

Pronti? Bene, partiamo. La madre di Dena era una nera bianca, ovvero una donna la cui bis o trisnonna era discendente di un uomo bianco e una donna indigena delle colonie americane ai Caraibi o giù di lì.

Date le leggi razziali negli Stati Uniti, suo padre (il nonno di Dena), sebbene fosse biondo con gli occhi azzurri, era un nero. L’uomo viene così discriminato dai bianchi in quanto nero e dei neri perché troppo bianco, fa una vita un po’ di merda, va a vivere a Vienna e si sposa con una donna bianca, poi Hitler prende il potere e lui torna negli USA, dove lui e i figli, legalmente neri ma con i capelli rossi, gli occhi verdi e la pelle chiara, subiscono la stessa discriminazione che pensavano di aver ormai lasciato alle loro spalle.

Theo, il figlio, scappa di casa e cerca di costruirsi una carriera come musicista, ma quando una giornalista nera rivela la sua identità, i pregiudizi della società fanno fallire il castello di carte che Theo si era costruito, spingendolo con il tempo a vivere come uno straccione e uccidere suddetta giornalista. Marguerite, sua sorella e madre di Dena, sposa un bianco, che muore in guerra, ha una figlia e passa il resto della sua vita a scappare, convinta che le stiano dando la caccia e cercando di assicurare a se stessa ma soprattutto a Dena una vita come donna bianca, ovvero con molte più opportunità di quelle che avrebbe una donna nera. La sua paranoia però la porta a cambiare continuamente città e, quando scopre che Theo è a Vienna in punto di morte, lo raggiunge e finisce col suicidarsi, abbandonando una Dena quindicenne a se stessa.

Ora. Io non ho vissuto nessuna forma di razzismo, quindi non posso commentare questo tema con cognizione di causa. Conoscendo almeno un minimo l’essere umano e la sua storia, sono sicura che situazioni simili siano accadute davvero. Quello che posso dire è che questa storia sarebbe stata perfetta, se fosse stato il centro della trama. Abbiamo già visto in altri romanzi come la Flagg sappia affrontare temi difficili con delicatezza e senso, ma qui la storia è relegata alla fine e usata come mezzo per dire “Dena è danneggiata perché mammina l’ha abbandonata”, tutto qui. Dena, quando scopre la verità e le sue radici, non ne viene per nulla toccata. Okay, ne parla con la psicologa, una donna nera, e cerca di capire un pochino la madre, ma non è minimamente sconvolta dal conoscere quanto il razzismo sia una piaga o quanto dev’essere stata dura la vita della sua famiglia. E’ felice di sapere che non è stata abbandonata perché la madre la odiava, e ci sta, sono contenta che ora lo sappia, ma ridurre una storia tanto difficile, ridurre una famiglia così perseguitata e tutti i problemi che hanno dovuto affrontare a un discorsetto che occupa due capitoli non. Ha. Senso.

Anche perché, ripeto, il resto del libro è talmente noioso e inutile, che solo questa parte mi ha colpita. Se fosse stato tutto concentrato sulla vera storia della famiglia di Dena sarebbe stato un romanzo fantastico, ma così è una noia mal strutturata, senza capo né coda, con un messaggio che odio e qualche critica al giornalismo sensazionalistico qua e là che, per quanto sensato, si perde nel resto, come succede con la parte contro il razzismo. Come due isolette splendide in un oceano di merda.

Oh, ultima cosa. Il titolo non ha il minimo senso, nessuno va mai dal maledetto fornaio né beve un cazzo di cappuccino. Dall’inizio alla fine, questo libro è stato un disastro. Spero davvero che i prossimi siano meglio di così, ma visto che almeno due sono su Elmwood Springs e la coppia sfrega palle Norma+Macky, ho paura che mi brucerò fin troppi neuroni a leggerli. Aiuto.

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