Una delle cose più belle che ho letto all’Elba (e ce ne sono tante!) è l’intera saga di Earthsea o Terramare, ovvero cinque libri in un volume unico di 800+ pagine che ho divorato in 6 giorni in spiaggia, rapita dal mondo fantastico creato dalla Le Guin.

Trame (no spoiler!)
Il mago di Earthsea
Ged è un giovane mago molto promettente ma con un ego smisurato. Convinto di poter evocare l’anima di una leggendaria regina morta secoli prima per dimostrare la sua bravura, l’uomo finisce per liberare nel mondo un’ombra maligna che lo attacca e causa la morte di uno dei suoi maestri. Punito così per la sua superbia, Ged deve recuperare le forze prima di iniziare un lungo viaggio nel mondo di Earthsea alla ricerca della sua ombra malvagia per fermarla una volta per tutte.
Le tombe di Atuan
Nelle desolate terre di Atuan esiste un tempio dedicato ai Senza Nome, potenti dei oscuri. Secondo il loro culto, la somma sacerdotessa si reincarna nella stessa ora della sua morte in una bambina che verrà chiamata Arha, la Divorata, e crescerà nel tempio, imparando tutti i segreti del culto e del labirinto sotterraneo inaccessibile a tutti tranne lei. Ma qualcuno, uno straniero pericoloso, commette il sacrilegio di entrare nelle stanze e corridoi sotterranei alla ricerca di un importante tesoro perduto, rovinando così la pace di Arha e cambiando completamente il corso della storia dell’intera Earthsea.
La spiaggia più lontana
La magia sta perdendo potere e gli uomini dimenticano leggende e canti in tutta Earthsea. Seguendo indizi e voci confuse, Ged e il giovane principe Arren intraprendono un lungo viaggio per cercare di scoprirne le cause fino ai confini del mondo, sulle tracce di una magia potentissima e pericolosa che rischia di sbilanciare per sempre l’equilibrio tra vita e morte.
L’isola del drago
Sull’isola di Gont, terra natia di Ged, vive Tenar, una vecchia conoscenza del mago. Tenar, vedova con due figli, da qualche tempo ha iniziato a occuparsi di Therru, una bambina vittima di violenza sessuale da parte della sua famiglia, che aveva cercato di ucciderla picchiandola e gettandola in un fuoco. Ma Therru sopravvive a tutto e inizia lentamente a ristabilirsi grazie alle cure di Tenar, pronta a tutto per difenderla. Ma non è facile: molti sull’isola sono convinti che la bambina sia un pericolo per tutti.
I venti di Earthsea
Alder è un giovane mago che da qualche tempo sogna le anime dei morti che chiedono il suo aiuto per liberarsi. Terrorizzato, l’uomo chiede aiuto a Ged, che lo manda alla corte del re Lebannon, dove si trovano anche Tenar e Therru per cercare di scoprire come mai i draghi abbiano ricominciato ad attaccare le terre abitate dagli uomini dopo anni e anni di pace. Qualcosa sta cambiando in Earthsea e i segnali percepiti dal re e i suoi amici e consiglieri richiedono un intervento rapido e definitivo, ma non sarà facile ristabilire l’equilibrio nel mondo in tempo per evitare disastri ancora maggiori.
Commenti (spoiler free ma con mappazzone filosofico alla fine. Ups.)
Questa serie mi è piaciuta moltissimo per diversi motivi. Lo stile scorrevole dell’autrice è sempre un piacere da leggere e la sua capacità di creare un’immagine chiara e dettagliata nella mente del lettore è ammirevole. In poche parole, scelte con cura, la Le Guin permette a chi legge i suoi romanzi di vedere con precisione il mondo da lei creato.
Earthsea poi è un luogo meraviglioso, costituito da centinaia di isole di varie dimensioni e circondato e percorso da mari di varie dimensioni. Ampio e diversissimo da un angolo all’altro, è dipinto con molta maestria e una cura non comune. Leggende, storie, popoli sconosciuti si intrecciano e creano un luogo realistico proprio per via della diversità dei suoi usi e costumi a seconda dell’isola in cui si svolge la storia.
I primi quattro libri hanno ognuno un protagonista diverso, ovvero Ged, Arha, Arren e Therru, ma essi compaiono come personaggi secondari anche negli altri, intrecciando quindi la storia di questo gruppetto con le sorti del mondo intero. Il quinto libro, ovvero la conclusione della loro avventura, comprende i quattro protagonisti precedenti e altri personaggi nuovi, nessuno dei quali spicca per importanza sugli altri, almeno secondo me. In questo modo seguiamo questi personaggi dalle loro prime imprese fino all’età adulta e oltre: diventano quasi dei fratelli o cugini che vediamo crescere e maturare sotto i nostri occhi. La Le Guin ci lega, fin da subito, ai suoi protagonisti e le loro sorti, che non possono lasciarci quindi indifferenti.
Tema importantissimo per me è poi il ruolo delle donne in questo mondo. Nel sistema di magia creato dall’autrice solo gli uomini hanno il Potere per diventare maghi. Le streghe conoscono solo gli incantesimi più semplici e non possono accedere alla scuola di magia di Roke proprio perché non hanno questo Potere che invece le loro controparti maschili posseggono. Ma fin dal secondo libro l’autrice stessa inizia ad analizzare il perché di questa sua scelta, trasformandolo in una metafora per parlare del ruolo femminile nel nostro mondo. Nel corso del resto della saga vediamo quindi varie discussioni tra personaggi e leggende che descrivono quindi le differenze tra il Potere degli uomini, che permette loro di aggiustare oggetti o cambiare il tempo o trasformarsi in animali, e quello che le donne avevano un tempo, di natura fondamentalmente diverso e temuto dagli uomini, ma che pian piano acquisisce un’importanza assoluta al momento di proteggere l’equilibrio tra vita e morta del mondo intero. Così facendo l’autrice stabilisce una netta differenza tra il ruolo maschile (potente ma anche petulante, quasi adolescenziale nel voler tutto subito e fatto come dicono loro) e quello femminile (paziente, dedicato alla cura e la medicina, più sottile ma stabile anche nei momenti più difficili). Non è una visione del mondo che condivido, ma non mi infastidisce, dato che riflette alla perfezione i ruoli predeterminati di uomini e donne all’interno del genere fantasy, almeno in generale.
Un altro particolare che mi ha colpito molto è la mancanza del senso di colpa. Quando qualcuno sbaglia (come ad esempio Ged nel primo volume) e causa gravi danni con le sue azioni, nessuno gli punta in dito contro e lo incolpa di aver causato la morte di qualcuno. Ged sa di aver sbagliato, ma invece di piangersi addosso si prende le sue responsabilità e fa di tutto pur di limitare i danni e risolvere i problemi che ha causato. Ciò non riporta in vita i morti, ma permette al personaggio di crescere e conoscere meglio sé stesso e il mondo, così come le regole non scritte che lo tengono in piedi. Tutto questo l’ho notato perché spesso, parlando con mio fratello, è venuto fuori l’idea della colpa come tema di discussione. Lui sostiene che la colpa sia un concetto meramente cristiano, usato per controllare la popolazione ed evitare che compissero determinate azioni non volute dalla chiesa o chi prima di essa controllava la religione cristiana. Perciò l’assenza del “sentirsi in colpa” all’interno di una storia nella quale il cristianesimo non esiste in parte valorizza la tesi di mio fratello e in parte mi spinge a riflettere davvero su quanto le emozioni che viviamo giornalmente siano frutto di ciò che ci ha circondato da secoli e quanto sia realmente umano, naturale per noi. Tutto il mondo prova sentimenti di colpa quando sbaglia? O chi non ha mai vissuto in un ambiente principalmente cattolico non conosce questa sensazione? Quanto sono vere le nostre emozioni e quanto invece sono il risultato di obblighi sociali o religiosi? Se è possibile liberarsi della vergogna, dell’omofobia o del razzismo conoscendo e capendo meglio il mondo, di quanto possiamo liberarci davvero?
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