Mio padre adora i Rolling Stones. Sono il suo gruppo preferito, il suo primo tatuaggio e i soggetti di metà dei poster che i miei hanno a casa e in ostello. E, vista la sua passione, sono anche il gruppo che ha visto più volte live: Torino ’82, la sera in cui Mick predisse correttamente il risultato di Italia-Germania ai mondiali; Torino e Copenhagen ’90, Roma 2014, Praga 2018 e infine Milano 2022.
E io sono andata con lui agli ultimi tre concerti.
Roma, Circo Massimo, 22 giugno 2014

Un paio di settimane prima di compiere 17 anni (e pochi mesi prima di partire per la Spagna), ovvero il 19 giugno, andai a vedere i Thirty Seconda to Mars da sola. C’entra relativamente poco con gli Stones, volevo solo dirlo perché la mattina dopo partimmo tutti e quattro (genitori, mio fratello ed io) per Roma. Dopo due giorni di turismo in giro per la capitale, io e papà ci armammo di pazienza e andammo al Circo Massimo. Alle 12 eravamo davanti ai cancelli, ma fino alle 13 non entrammo nemmeno. A quel punto, in qualche modo, arrivammo a un’ottantina di metri dal palco prima di fermarci su uno dei lati del Circo, circondati da migliaia di persone. Dopo ore e ore sotto il sole e una bruciatura che mi copriva metà faccia e una spalla, verso le 20, John Mayer aprì il concerto. All’epoca non avevo idea di chi fosse (non che ora possa dirmi anche solo un titolo di una delle sue canzoni…) ma la musica mi piacque e ci divertimmo abbastanza. Due ore dopo, alle 22, iniziò la part4e davvero divertente, il motivo per cui eravamo tutti lì. Fu una serata spettacolare (di cui non ho foto perché il cellulare di mio padre, che usammo per registrare qualche video/foto, morì qualche anno fa e non sono mai riuscita a recuperare nulla); l’energia del gruppo era incredibile, la musica fantastica e in generale fu un’esperienza meravigliosa. Non ho ricordi precisissimi a parte le ondate di maria che arrivavano da tutte le parti, una tipa particolarmente carina a pochi metri da noi e quanto mi divertii quella notte, urlando a squarciagola per un paio di ore una canzone dietro l’altra.
Praga, Letnany Field, 4 luglio 2018

Concerto numero dos avvenne qualche anno dopo, tre giorni dopo il mio 21esimo compleanno. Questa volta assieme a me e papà c’era un suo carissimo amico e insieme decidemmo di andare a vederli a Praga. La città è spettacolare (c’ero stata l’anno precedente con la scuola spagnola), gli ostelli costano pochissimo, la birra è ottima: cosa vuoi di più? Così partimmo il giorno prima e io mi presi un raffreddore sulla navetta Torino – Malpensa, con il risultato che le prime “barrette” (corone ceche secondo il dialetto personale di mio padre) vennero spese per delle medicine e fazzoletti per me, che iniziai a mandare giù a un ritmo forse un po’ troppo esagerato. Dopo aver visitato un po’ la città (e aver comprato una maglia spettacolare per me con scritto I’M NOT GAY BUT 20$ IS 20$ e della maria legale per tutti) andammo fuori a cena, poi nanna presto e infine ci preparammo per il concerto. Il posto era una specie di enorme parco fuori città, circondato dalle bancarelle classiche di cibo, birra e merchandising. Per quel concerto il biglietto era una specie di braccialetto con chip nel quale era possibile caricare anche dei soldi e per per pagare così per tutto quello che c’era in vendita (ci portammo a casa una maglia a testa più un bicchiere di plastica ufficiale). Stavolta i gruppi spalla erano orribili (sorry not sorry) e accanto a noi c’era un tipo che probabilmente era strafatto di metanfetamine o qualcosa di simile che ballava in modo incredibilmente scoordinato e fastidioso per tutti quelli attorno a lui, urlando cagate ogni tanto. Questa volta non vidi molto, considerando il fatto che sono bassa, quindi passai quasi tutto il concerto a fissare i maxi schermi. Fu comunque uno spettacolo e stavolta riuscii a fare un bel po’ di foto e video con audio terrificanti (non so perché). Dopo il concerto restammo bloccati per tipo mezz’ora in un tunnel che portava dal parco alla zone della metro, ma a parte quello riuscimmo a tornare a casa sani e salvi. Poi ci cancellarono il volo di ritorno, passai la mattina a sistemare la questione con la linea aerea, prendemmo il primo volo sostitutivo con un’ora di ritardo, arrivammo ad Amsterdam e attraversammo di corsa l’aeroporto per raggiungere il volo per Milano e arrivato lì scoprimmo che stavolta ci avevano messi gratis in business class. Insomma, fu un casino. Ma in un modo o nell’altro ce la facemmo e arrivammo a casa.
PS: niente video perché l’audio è davvero, davvero terribile. E perché a quanto pare WordPress non me lo lascia fare.



Milano, San Siro, 21 giugno 2022

TRE: il terzo è stato di nuovo con l’amico di papà e noi due. Stavolta abbiamo fatto tutto in giornata: ci siamo trovati in ostello, dove papà ci ha dato, a testa, una borsa con: due pesche, una fetta di torta (purtroppo immangiabile e secchissima), un panino alla mortadella, uno al salame e uno al prosciutto crudo. Carichi come muli siamo andati alla macchina e siamo partiti verso le due/due e mezza. Il viaggio è stato abbastanza tranquillo e siamo arrivato a Milano un paio di ore dopo, e a quel punto abbiamo attraversato mezza città per trovare un posto in cui parcheggiare, per poi lottare un po’ con i parchimetri, perché a quanto pare sono diversi da quelli di Torino (e non sto facendo ironia, non ho la patente quindi di queste cose non capisco nulla). Poi, con moltissima calma, siamo andati verso San Siro: a quel punto molte persone erano già entrate quindi non abbiamo fatto nessuna coda e abbiamo raggiunto i nostri posti in fretta. Dopo varie ore di attesa, passate a mangiare le nostre provviste, fumare sigarette e non bere birra perché costava 8€ a bicchiere, il gruppo spalla ha iniziato verso le 20. Erano i Ghosthound, gruppo che non conosco ma che mi è piaciuto abbastanza, con un sound rock/blues figo e decisamente più appropriato alla serata rispetto ai punkettari da strapazzo di Praga (nulla contro il punk, ma quei gruppi erano particolarmente orribili).
Gli Stones hanno iniziato di nuovo verso le 22 e, ancora una volta, è stata una figata.
Momenti memorabili (e non dico tutto perché è una risposta banale):
- La ola fatta mentre aspettavamo, da bravi italiano allo stadio
- Il tributo a Charlie Watts
- Il momento in cui, durante Wild Horses, tutto lo stadio ha usato la torcia del cellulare per illuminare l’arena, cosa che Mick stesso ha commentato dicendo che era bellissimo
- Mick che parlava italiano, e non solo qualche frase fatta qua e là, ma mini discorsi (“fa caldo come nel quinto girone dell’inferno”, presentazione della band, chiacchierate amene durante la serata “alla faccia di chi ci vuole male” e altro)
- La torcia rossa da stadio che qualcuno accese a un certo punto (uno spreco, visto che non fu durante Sympathy for the Devil)
- L’energia di tutti, ma soprattutto di Jagger, considerando che era appena guarito dal Covid
- Gimme Shelter con la corista, perché è sempre una canzone spettacolare vista live
- Le zaffate di maria che arrivavano da ogni direzione, costantemente
- …tutto il resto
Post concerto abbiamo rifatto la strada dell’andata per Torino, per raggiungere la meta (il letto) verso le 3 di notte. 10/10 would recommend.




In breve: grazie, papà, per avermi passato la tua passione per la musica. E grazie per invitarmi ogni volta che il tuo gruppo preferito passa nei larghi confini dell’Europa. Non so se avremo una quarta occasione di vederli (lo dubito, purtroppo), ma queste tre volte sono state magnifiche e indimenticabili.